Mi ravvio i capelli, metto un golfino sulle spalle e usciamo.
Abbiamo quest’abitudine: fino alla fine del sentiero ti lascio libera. Tanto non vai avanti a più di tre passi da me. Anzi, a volte ti richiamo. Sei rimasta indietro. Certo! sempre, con quel tartufo a terra, per conoscere il passato e il presente del percorso.
Il Sas de la Pepina è sempre lì, sceso con il disgelo di milioni di anni fa e fa bella mostra di sé nel verde prato a fianco della cascina. Tu e il sasso avete qualcosa in comune. L’antichità. No, non ti voglio offendere! Lo so che tu hai solo 10 anni ma la storia vi accomuna nelle evoluzioni preistoriche di milioni di decenni fa.

Alt! Fermi! Il sentiero tramite il quale raggiungiamo il villaggio è terminato. Accondiscendente, proponi il capo al filo che ci lega. Un guinzaglino largo tanto quanto un laccio da scarpa che però mi dà sicurezza.
La curva in discesa, prima dell’apertura sulla piazzetta in pavé di sampietrini. La nostra chiesa e il suo campanile che si staglia in alto come a volersi protendere e diventare, in prospettiva, un tutt’uno con la cima della montagna retrostante.

Sei legata a me non solo da questo filo che ci unisce, ma dal sentimento sottile del reciproco rispetto. Sei educata, gentile e sensata in tutto ciò che fai, in ogni azione. Sei sempre stata così dacché eri cucciola.
Eppure, e nonostante tutto, ti infilo questo collarino per paura di perderti. Ti cercherei per sempre, dovesse mai succedere. Anche tu mi cercheresti, sono certa!
Onde evitare… ecco questa estensione del mio braccio che ci unisce.

Andiamo a fare la spesa. Dentro e fuori dai negozietti. Tutti ti conoscono. Nonostante tu sia una habitué e, ben sanno che non accetti, tutti ti offrono qualcosa. Tu, cortese, accenni a uno scodinzolio e rifiuti. Non prendi mai qualcosa che arriva da mani che non siano le nostre. Quelle mani che, oltre a offrire sostentamento, accarezzano e coccolano.

Non ricordo di aver mai visto questo guinzaglio teso. A volte dimentico che sei all’altro capo di questo filo ci sei tu. Ti piace star vicino alla mia gamba e, ogni tanto, mi dai un colpetto leggero: son qui! Il tuo passo è leggero. Come leggero è il tuo modo di fare, elegante. Un po’ compassato.

Mi attardo e mi redarguisci con un uggiolio. Hai occhi ammiccanti e mi guardi da giù a su. Chissà se vuoi dirmi … “Ehi! dai, sbrigati! Dobbiamo andare. Su, non perdiamo tempo”. Eh, certo! devi tornare al sentiero che non hai finito di perlustrare all’andata e vuoi terminare il lavoro al ritorno. Lì, dì la verità, ti piace attardarti!

La piazzetta è alle spalle. Sfiliamo il fine capestro. Un cenno d’intesa e il tartufo di nuovo a terra. Conosci tutto di chi è passato nel frattempo e potresti annoverare tutti a uno a uno, oltre al gatto rosso che… sarebbe meglio non si facesse mai trovare.

Siamo arrivate a casa. Te la tiri un sacco. Gli altri, invidiosi, ti annusano. “Dove sei stata? dove sei stata? dove sei stata?” e tu, misteriosa: “Segreto!”.

Sì, è un segreto tra noi. Magari è solo un segreto di Pulcinella. Ma quei brevi percorsi sono solo nostri. Un legame in più, che non è quel sottile guinzaglio , ma il “nostro” tempo insieme riservato solo a noi due. Solo a noi due.

Dedicato a “lei” che ora corre, libera, al Ponte dell’Arcobaleno.
Chissà, se anche là, c’è un sentiero che porta a un villaggio.